VITTORIO CACCIOTTO L'ULTlMO MAESTRO DELLA TRADIZIONE  ALGHERESE. 

Vittorio Cacciotto non ama molto raccontarsi. Con la sua indole di persona umile, pacata e serena, sembra quasi imbarazzato nel sapere che i suoi ricordi, le esperienze di una vita trascorsa in mezzo alle barche, possono rappresentare uno spaccato di una Alghero che quasi non esiste più.

Gli sembra strano che un lavoro che ha sempre considerato umile, pur con il massimo rispetto per l'attività che sin da bambino l'aveva appassionato e coinvolto, possa essere oggi, di punto in bianco, considerato un'arte, tanto da fargli meritare davvero il titolo di Maestro che, secondo lui, spetta solo agli insegnanti.

L'accostamento con pittori e scultori, per lui è irriverente anche se, ammette,

"nel nostro lavoro l'occhio e la manualità sono doti fondamentali"

Nato ad Alghero nel 1950, Vittorio ha cominciato a lavorare col Maestro Giuseppe Feniello, figura storica tra i Maestri d'Ascia dell'inizio del secolo, sin dal 1960. Andavo a scuola la mattina ed il pomeriggio lo passavo al Forte della Maddalenetta a lavorare.

Giuseppe Feniello mi trattava come un figlio, alle feste ero sempre a casa sua. Mi insegnava tanto, anche se a quei tempi non c'era il tempo per fermarsi a spiegare ai "ragazzi" le cose, bisognava capirle da soli ed imparare in fretta standogli vicino con grande attenzione.

Descrive quegli anni con grande passione, nel volto mantiene sempre un leggero sorriso, interrotto solamente dall'immancabile sigaretta. Feniello mi aveva iscritto quasi subito in Capitaneria come Allievo Maestro e mi aveva lasciato anche un attestato di buona pratica, per consentirmi, più tardi, di conseguire il titolo di Maestro d'Ascia, titolo che ho conseguito solo nel '75, dopo la sua scomparsa, spinto da mio padre.

Con Giuseppe Feniello, Vittorio lavora sino al 1970, anno in cui questi si ammala, e di quei dieci lunghi anni ha numerosi ricordi. Fra i più belli racconta del grande clima di festa che si respirava durante il lavoro. Ad ogni momento significativo, come il taglio e la posa della chiglia, la posa della cinta, oltre che al varo, dice sorridente era festa. Per i vari mi ricordo che le barche, costruite al Forte della Maddalenetta, venivano spinte a mano e tutti i pescatori e i presenti, partecipavano alle operazioni. Venivano fatte scendere dalla discesa di Porta Terra e bisognava essere svelti a mettere sotto la chiglia la "Faranga" con il "Sego"( Grasso di Maiale), perché fermare le barche in discesa non era facile! Ad ogni varo era una festa di popolo e non mancava mai il rito della rottura della bottiglia.

Fra gli aneddoti di questi anni Vittorio ricorda anche le missioni fuori Alghero, come nell' occasione di numerosi lavori di riparazione o di modifica, allora ogni volta che si cambiava un motore era necessario che il Maestro modificasse i basamenti ed era necessario farlo sul posto. Ricordo che a Castelsardo eravamo rimasti per circa dieci giorni e lavoravamo in spiaggia sotto la pioggia, riparati da una tenda con un vento freddo che soffiava senza sosta. Del resto i lavori di questo tipo si facevano solo d'inverno perché d'estate le barche dovevano lavorare. Fra le barche più conosciute fatte nel Cantiere di Feniello durante questi dieci anni Vittorio ricorda la "Llocca", scafo di 8 metri della famiglia Manca, la Giovanna D'Arco della famiglia Del Rio ed il Sant'Antonio di Giorico, due identiche barche di lO metri entrambe adoperate per la pesca, ed altre due  gran belle barche di undici metri, che non sono più ad Alghero.

Molte furono comunque le barche commissionate perlopiù da pescatori di varie parti dell'isola, soprattutto di Castelsardo e Santa Teresa. L'ultima barca che aveva prodotto Feniello nel '70 fù una Spagnoletta di 6 metri commissionata da Sereni di Alghero, dopo di chè Vittorio, giunto nel frattempo a vent'anni, parti militare a La Spezia prima ed a Taranto poi, per finire imbarcato sulla Nave Palinuro come Meccanico Artigliere. In questi anni Giuseppe Feniello si ammala e Vittorio, nell'ambito di una licenza durante il militare, porta a compimento l'ultima barca che porta la targa del Cantiere, commissionata da un pescatore di Badesi. Dal '73 al '78 Vittorio lavora in proprio e in quel periodo ha la soddisfazione di eseguire un importante lavoro di recupero di una "Feluga" di G.Lobrano, che restaura completamente. Dal 1978 Vittorio inizia un'altra esperienza molto importante. Viene chiamato a lavorare dal più famoso Cantiere Navale della Sardegna, i Cantieri Costa Smeralda, di Porto Cervo, nel quale acquisisce una tecnica estremamente raffinata ed ha l'orgoglio di operare su imbarcazioni di particolare valore e fama come il veliero "Mariella" di 25 metri e soprattutto di dirigere il recupero del due alberi "Capricia" che la famiglia Agnelli aveva regalato alla Marina Militare italiana. Proprio in questi anni Vittorio Caciotto acquisisce quella particolare attenzione ai dettagli ed ai particolari che, unita ad una grande padronanza del "mestiere" che svolge sin dall' età di lO anni, lo porta ad essere oggi uno dei più rifiniti e preparati Maestri d'Ascia ancora in attività in Sardegna.

Oggi Vittorio Caciotto opera di nuovo ad Alghero nei Cantieri Navali Algheresi, che hanno avuto il grande merito di aver rivalutato la cantieristica tradizionale Algherese che era ormai scomparsa, ed ha ripreso a costruire le "Spagnolette", quelle barche tipiche della Riviera del Corallo, che rappresentano la prosecuzione di una vera e propria cultura dell'andare per mare che aveva avuto nel suo Maestro Giuseppe Feniello il più grande fra i suoi interpreti. Dei tempi della sua gioventù Vittorio ricorda con nostalgia quella sorta di gelosia che esisteva tra i Maestri d'Ascia dell' epoca che secondo lui è stata in qualche modo la causa della scomparsa della cantieristica ad Alghero, avendo impedito che si creassero associazioni fra più cantieri che potessero rimanere al passo coi tempi che cambiavano. lo non sento di avere ereditato questa gelosia per il mio lavoro, forse perché la mia esperienza ai Cantieri Costa Smeralda mi ha permesso, proprio attraverso il contatto ed il confronto con i miei oltre venti colleghi ed amici, di imparare tanto oltre che di trasmettere quanto avevo imparato in precedenza. Una cosa però Vittorio ha mantenuto di quelle giovanili esperienze, la passione e l'umiltà, ed ha mantenuto con il suo allievo Gavino, cui insegna ogni suo sapere con grande passione, quel rapporto quasi paterno che è lo stesso che aveva per lui il suo maestro Giuseppe Feniello.

                                                                                                                                                      Tratto da "Antonietta 1931"

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